Il PONTE del Diavolo appare all'improvviso sulla strada che da Lucca sale verso la Garfagnana. Borgo a Mozzano è un paese appoggiato su una striscia d'asfalto e il ponte della Maddalena (questo il vero nome), con le sue arcate e la schiena ricurva, è una pennellata mistica. La leggenda racconta che il capo muratore, preoccupato per i ritardi nella costruzione, fece un patto con il Diavolo, che acconsentì a completare l'opera in una sola notte in cambio della prima anima che avesse attraversato il ponte. Il capo muratore accettò e il ponte fu ultimato, ma disperato corse dal parroco del paese a raccontargli tutto, e insieme studiarono uno stratagemma: fecero attraversare il ponte da un cane. Il Diavolo, arrabbiato, lo prese e si buttò nelle acque del fiume. Ogni tanto, in certe sere di fine ottobre, c'è chi vede il cane passeggiare sul ponte, e si dice che sia il Diavolo che ancora cerca l'anima del capocantiere.
Da qui ci si arrampica verso Barga, e poi su, nel cuore della Garfagnana. Volendo si può fare una piccola deviazione verso Bagni di Lucca. Una volta le terme erano affollatissime, e c'era anche il casinò. Belle Epoque e bella vita, ma oggi rimangono soprattutto bei ricordi. Spingendosi oltre ci si infila nell'Orrido di Botri, un grande canyon che spacca in due la montagna.
C'è pace, tutto scorre lento. La Garfagnana è l'isola verde della Toscana. Uno spazio dove ascoltare il silenzio. Un taglio netto in mezzo alle montagne. Da una parte le Apuane, che la dividono a ovest dal mar Tirreno, e a est gli Appennini. Garfagnana, letteralmente Grande Foresta. Così la valle appariva ai primi visitatori, e così appare ancora oggi. Con i suoi boschi di castagno, che arrivano fino a mille metri, epoi quelli di faggio che si spingono fino a millesettecento, quasi a voler riconquistare la vetta nuda dei monti. È gente solida, questa. Abituata a lavorare nei campi, e ad una cucina povera ma piena di gusto. Di profumi. Come quello del farro, che qui ha il marchio dop. Un sigillo di qualità. Gran parte dell'economia agricola della Garfagnana gira intorno a questo cerea- le povero di grassi, ma ricco di fibre e proteine, consigliato nelle diete perché sazia e non ingrassa. Si distingue dalle altre varietà perché ha i chicchi più grossi. Si usa nelle zuppe, per piatti unici al posto del riso e anche per fare la birra. L'azienda La Petrognola la esporta in tutto il mondo. È forte come gli sguardi di chi ha deciso di non abbandonare mai queste terre. Gabriele da Prato, proprietario del Podere Concori, ha addirittura deciso di fare vino su queste montagne. Una sfida che ha avuto successo. «Quando ho pensato di fare vino qui, nel raggio di sessanta chilometri non c'era un'azienda vinicola — dice — . Così nel 1999 ho deciso di iniziare un percorso che potesse dare dignità a queste antiche produzioni, recuperando l'immagine dei vini della Garfagnana». Syrah, Pinot Nero e Gewurztraminer sono solo alcuni dei vitigni che vengono coltivati là in alto.
Ma la Garfagnana è anche la terra di castagne, con cui si produce la farina di Neccio, anche questa a marchio dop. E, volendo, si può anche adottare un castagno (www. associazionecastanicoltori. it) per salvaguardare i boschi e la produzione, e per evitare altre ferite al paesaggio. Poi il miele. Di acacia, millefiori. Dolce e profumato. Oppure il pane di patate, che è diventato presidio Slow Food. Che bella storia c'è quassù, dove anche la cucina contadina ha trovato una sua nuova dimensione. Sincera come una volta, povera, ma specchio fedele di un territorio che non ha mai ceduto ai compromessi. È gente gelosa delle sue tradizioni, ma anche aperta al mondo. Qui c'è un turismo diverso, più consapevole. Lontano dal caos della Versilia, e dal suo scintillio, e più vicino a un'idea di pace, di scoperta, di passione.
Lenta come il suo fiume, il Serchio che attraversa la Garfagnana e ogni tanto si ribella schizzando fuori dagli argini. Dante lo ha citato nel canto XXI dell'Inferno, nella quinta bolgia, Ariosto nella "Satira IV". Pascoli, invece, gli ha dedicato una poesia nella raccolta "Odi e inni" e Ungaretti, che aveva i genitori di origini lucchesi, lo ha celebrato nella poesia "I fiumi". "Questo è il Serchio/ al quale hanno attinto/duemil'anni forse/di gente mia campagnola/e mio pala dre e mia madre…" Oltre il fiume c'è Gallicano, da lì si scende fino alla Grotta del vento, un grande percorso sotterraneo. Una meraviglia della natura. E poi i luoghi di Pascoli (Castelvecchio) fino al cuore della valle, Castelnuovo Garfagnana, piccolo paese arroccato nel suo isolamento. E da qui si può arrivare fino al lago di Vagli. Sotto l'invaso artificiale creato dalla diga dell'Enel c'è un paese fantasma. Ogni tanto, quando il lago si svuota, riemerge e spinge fuori quel che resta di Fabbriche di Careggine, la vecchia frazione inghiottita dal progresso. L'ultima volta che il lago è stato prosciugato è stato nel 1994. C'erano migliaia di persone. E si poteva scendere a piedi fino al greto. Il Comune sta pensando di costruire una grande cupola per rendere il paese sempre visibile, e di collegare le sponde con un lungo ponte tibetano. Il progetto c'è già, ma i lavori non vanno avanti. Cibo e storia sono la sintesi perfetta di questo territorio. Sapori che si tramandano senza mediazioni. Una cucina che parla di tradizioni e orgoglio, chiusa nelle sue certezze, immobile nella qualità dei suoi prodotti e per questo più vera. Come lo spirito della Garfagnana.
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